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La disabilità permette di scoprire una dramma

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Una testimonianza firmata Aldo Maria Rigoni permette di scoprire un dramma.

Una situazione individuale a rischio viene scoperta grazie ad un trauma.
Lo scenario è il seguente: una bella ragazza, di trent’anni, di aspetto piacente e accattivante, con cultura media e con molta voglia di socializzare con la gente, che chiameremo Maria. Di nascita meridionale, di spirito molto dinamico e proiettata verso l’Europa. Matrimonio di famiglia, con marito scelto dal padre senza curarsi degli interessi o affetti della ragazza, come si usa in certe culture retrive ma di lunga ed antica tradizione contadina meridionale. Matrimonio senza figli, a detta di tutti per colpa di lei, ovviamente. Capita un incidente grave, con periodo di ospedalizzazione in rianimazione, coma e quant’altro. Maria ne esce traumatizzata, con la perdita di un occhio, difficoltà di movimento ad un arto superiore, disabilità conclamata al 70%, perdita del posto di lavoro. Ricovero in un ospedale del nord, contatti con l’assistenza ai disabili gestita da enti moderni ed attivi, conoscenza con personale di altra natura e cultura rispetto a quello di assistenza usuale in un certo meridione. Crisi di identità, crisi di accettazione della realtà d’origine, ricerca di altre potenzialità, rifiuto da parte della famiglia d’origine e conseguente crisi famigliare. Intervento di centri di assistenza psicologica specializzati, in appoggio ad un ente per la formazione ed avviamento al lavoro per persone disabili. Conseguenza: rifiuto di reintegrazione nella civiltà sorpassata di origine, e desiderio di riscatto moderno, e dinamico. Risultato: si scopre che il matrimonio senza figli era a causa del marito, non scelto da lei ma dal padre, con la totale “innocenza” di Maria e di conseguenza addirittura il matrimonio potrebbe essere annullato anche per la Sacra Rota. Si scopre che tutta la famiglia in realtà viveva in buona parte sul reddito che Maria procurava con il suo lavoro, ora con la pensione di invalidità. Si scopre che i famigliari sono contro la ricerca di indipendenza della ragazza, forse addirittura per i motivi economici: si scopre che Maria veniva sfruttata dalla famiglia anche per il loro mantenimento, e quindi la disabilità e la voglia di riscatto dall’handicap devono essere osteggiate, perché priverebbero i famigliari addirittura di una fonte di reddito. L’ente di formazione presso il quale Maria viene preparata per nuove opportunità di lavoro, non potendo né volendo agire in termini legali, ma desiderando recuperare Maria per la potenzialità che ha dimostrato, si organizza per prepararle una situazione di vita indipendente, con un posto di lavoro nuovo e scevro da legami con il passato. Organizzando una collocazione presso una casa-famiglia che possa aiutarla a svincolarsi dal passato, nell’auspicio che i nuovi rapporti sociali che Maria sta allacciando al Nord possano permetterle di riaffacciarsi alla vita in forma diversa e su basi totalmente nuove. Lo scopo primario è che Maria possa esprimere liberamente le sua potenzialità, possa approfondire una sua professionalità, possa ricrearsi una vera famiglia basata sulle scelte autonome e non sull’imposizione del padre. In tutto questo, la disabilità è servita a far affiorare le miserie dell’impostazione di vita a cui Maria era costretta, a farle conoscere delle realtà umane, sociali, psicologiche inattese, che le hanno aperto degli scenari insperati. Si tratta di lavorare serenamente su queste realtà per permetterle una vita talmente normale da diventare persino noiosa, ma di quel tipo di noia ricca degli affetti che anche lei, come tutti, si merita.
Ero il direttore di quel centro di formazione e così sono venuto a conoscenza della situazione descritta che ho narrato senza modificare nessun particolare, salvo il nome.

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