A proposito di emergenze Disabili. Proposta d’una piccola mano per loro, le famiglie & il fattore P.
Carlo Mariano Sartoris riesce a spiegare con tatto ed eleganza uno dei più grossi drammi per chi non è autosufficiente.
Il fattore “P”. Un dramma opposto alla necessità di mangiare, un dramma dove il pudore ed altro l’imitano l’azione delle persone, anche di quelle che ci nutrono, ci vestono e ci fan la riga nei capelli prima di lasciarci alla nuova giornata o ad una sera ancora giovane.
«… ti spedisco un articolo che è piaciuto nei miei paraggi + un altro che è troppo P. e non è stato pubblicato …»
Caro Carlo Mariano, io l’articolo lo pubblico e lo farò girare essendo anche co-interessato, il problema è che dovrebbe andare sulla prima pagina dei quotidiani oltre che su questo modesto inizio di Community.
A forza di avvalorare il “falso ideologico e linguistico” delle Diverse Abilità all’azione di chi deve prevedere ed agire si è sostituita la convinzione che Diversamente, ma comunque, possiamo fare, essere autopulenti e ..
Solo il finto Dante è lungimirante, ha iniziato a scriver la commedia sui rotoli ….
A proposito di emergenze disabili.
Proposta d’una piccola mano per loro e le famiglie & il fattore P.
Sono su una carrozzina, vittima d’incidente dall’86; vent’anni di tribolazioni, trucchi per vivere, trabocchetti, salvataggi e sconfitte. Sono un intenditore, ahimè. Da vent’anni conto le tantissime proposte in materia di handicap, ma l’emergenza N. 1 d’un organismo non autosufficiente, rimane. È il poter soddisfare i bisogni che ogni corpo pretende la mattina, poi serve l’aiuto per essere vestiti, calati in carrozza, pettinati e profumati. A quel punto si è pronti, quasi belli. L’assistenza basilare che consente di presentarsi agli occhi spesso titubanti della gente “normale” calzando un aspetto decoroso, però scarseggia.
Quando valuto governanti e amministrativi che negoziano il futuro dei disabili, sorrido tristemente. I diretti interessati hanno poca voce, pur essendo i più esperti in materia. Dopo aver fatto girare l’economia degli ospedali nel periodo più acuto del ricovero, il disabile viene rispedito a casa, spesso sulle spalle della famiglia o di chi gli vuole bene veramente. Lì, il soggetto non autosufficiente diventa ostaggio dei familiari, a loro volta schiavi del loro caro. È una prassi logorante per il nucleo familiare, risaputa, inconfutabile. Si erogano fondi, ma non sempre occorrono aiuti monetari. Serve poco d’altro. Manca un vero ponte struttura – casa organizzato secondo priorità. La prima è quella di un’assistenza domiciliare che non abbia fretta. Noi piccoli ragni a rotelle ci chiediamo perché, così spesso, manca quell’infermiera in più, sarebbe un bene per tutti: per noi e le famiglie, per le ASL, la Regione e lo Stato che, per tanti altri motivi da non elencare qui, andrebbero a risparmiare un sacco.
Sulla carta nascono progetti rincuoranti, ventagli di nuove assistenze, è il welfare che vuol dire help e tante volte niente, forme di sostegni macchinosi o dispersi in organigrammi decisionali, ma scarsi di personale veramente operativo. Poi le lodevoli iniziative: gli ascensori, le piscine, i trasporti attrezzati, ma quello che manca prima d’ogni cosa è una mano fisica; ausilio vitale che si sostituisce ai gesti e alle funzionalità perdute.
Noi, col tempo s’invecchia, ci si attrezza o si muore, s’inventa quello che non c’è, si affida il proprio corpo a strana gente, a volti stranieri, a cooperative, alle infermiere in pensione, si sopravvive grazie al volontariato che fa tutto o quasi ciò che è programmato, ma in realtà, quasi inesistente.
È una lotta avvilente che si combatte giornalmente cercando d’essere il più possibile anime indipendenti. La famiglia si consuma, fa paura il futuro, qualcuno cerca d’organizzarsi da solo. Chi non sa potrà pensare si tratti del guaito d’un invalido irritato col mondo, infelice e scontento. Non è così, chi mi conosce mi definisce sereno, brillante, son pure laureato. Sono disperato. Emergenza, aiuto!
Io, Sabato 7 luglio 2007, entro la mattina dovrò almeno fare popò, ma l’emergenza per il disabile non è prevista. Una mia assistente è malata, un’altra non è assunta per farlo… S.O.S! dal comparto Socio-assistenziale verrà qualcuno? Tante volte è stato no.
In vent’anni sono state tante le crisi “abluzioni & dignitosa evacuazione”, è il fattore… Popò, è la “nostra” minima emergenza; fragili esseri di questo nord ovest civile e laborioso, ricco e accogliente, generoso, ma distratto. Troppe volte la disabilità è intesa come martirio da alleviare, se ne parla a voce bassa, senza voler sapere. Troppe volte il disabile deve rimontare la china faticando nel ricavarsi un ruolo per le proprie capacità residue. Si discute troppo d’assistenza, poco di appartenenza. Tutte le mattine il non autosufficiente apre gli occhi in cerca della mano che si sostituirà alla sua, quella che gli manca per poter tentare almeno di essere se stesso. A volte pagarsela non basta. È questa la prima, vera emergenza!
È difficile capire la drammaticità e l’assurdità del faticare a trovare la figura idonea nell’aiutare ad espletare il fattore Popò per chi non ha il problema. È questione di vita o di morte. Senza ironia, a volte è cosa seria anche per chi cammina.
Vi sono squilibri tra realtà locali e regionali; il mio amico Stefano, da trent’anni invalido ligure, pare sia esaudito nelle sue emergenze primarie, poi esce di casa e lavora come un uomo degno del sul ruolo etico e sociale. Forse qualcosa si può fare anche qui.
Quando vado in Francia non v’è rogna. Le associazioni sono convenzionate, le infermiere preparate e disponibili, nel mio caso girano le spese al nostro sistema sanitario, sono pure a buon mercato. Lì si stupiscono dei miei disagi e tante complicanze. Se funziona oltre le Alpi, vuol dire che decorosa e civile soluzione al fattore Popò esiste, ma sabato 7… mi verrà scomodo farcela ad oltrepassare la frontiera.
Spero di sopravvivere, ma che finalmente, qualcosa cambi su larga scala, per me e per tutti gli altri invalidi, altrimenti sarà vergogna, misfatto premeditato, forse poco chiaro, quasi voluto. Tra tante emergenze sociali costose, dal recupero drogati alla casa per tutti i nuovi arrivati, questa manca altrove, non chiede grossi investimenti, ma renderà più leggera la vita a della brava gente. In tutti i sensi.
Carlo Mariano Sartoris – www.handyscap.it
Partecipa