Ergoterapia: cos’è? Il concetto di lavoro può essere un esempio paradigmatico?
Un altro testo di Aldo Maria Arrigoni assolutamente da non perdere.
Ergoterapia: cos’è?
Il concetto di lavoro può essere un esempio paradigmatico?
Realizzare le potenzialità dell’individuo significa offrirgli nuove possibilità di scelta, nuovi modi di vedere il mondo, gli altri e la propria persona in rapporto gli altri. La ricchezza e la diversità dell’ambiente in cui l’individuo si muove sono le condizioni essenziali per operare su più informazioni possibili, per creare strategie articolate e funzionali. Forse è proprio qui che esiste lo scarto maggiore tra individuo normale (cosiddetto normodotato) ed individuo disabile (persona con disabilità). Nella maggior parte dei casi l’esperienza dell’individuo normale viene costruita attraverso vissuti che sono preclusi all’esperienza della persona con disabilità (lo chiameremo disabile per semplicità), per difficoltà congenite o derivate da limitazioni fisiche (di movimento, sensoriali, di resistenza allo sforzo, …) oppure da mancanze intellettive o psichiche, comunque da difficoltà relazionali derivate da situazioni mentali anomale. E’ difficile pensare alla realizzazione di un individuo senza pensare alla necessità di metterlo nelle condizioni migliori per il conseguimento di obiettivi. Ma la cosa primaria è il definire gli obbiettivi da perseguire. Non sono mai gli stessi per ogni individuo, ognuno vuole raggiungere delle mete soggettive specifiche, che magari non vengono condivise. Per una persona con disabilità una meta potrebbe essere anche solo lo stare in piedi da solo, il camminare, l’ascoltare, leggere, tutte attività banali che si imparano da piccoli, senza sforzo. Se si è impediti, bisogna sforzarsi nella ricerca di altre mete, da soli o con l’aiuto di chi ci vive vicino. Già il vestirsi da soli può essere un traguardo enorme e di grande soddisfazione psicosociale. In realtà ciò che spesso accade è il prospettare certe condizioni e poi non fare nulla per concretizzare quanto è stato proposto, con la delusione e l’avvilimento della dignità del soggetto. Il lavoro può essere considerato esempio paradigmatico. Se per l’individuo normale il lavoro significa un passaggio essenziale, con il quale si guadagna il ruolo di adulto, esattamente lo stesso avviene per il disabile, salvo che il ruolo riconosciuto non è quello di adulto bensì quello di persona autosufficiente: il fatto di essere riconosciuto anch’esso come depositario di un ruolo attivo e socialmente riconosciuto, capace di rimettere in gioco e ribaltare valenze negative. Addirittura, il ruolo di persona che produce reddito, attività, e che quindi coinvolge altri nell’iniziativa. Per quale motivo la discriminazione abile/disabile viene fatta sempre sulla base di un’operazione che allarga la parte al tutto? Per quale motivo un individuo inabile alla deambulazione è considerato inabile anche a tutto il resto? Per quale motivo non si prova ad offrire all’individuo disabile le stesse possibilità, gli stessi stimoli, le stesse motivazioni offerte all’individuo normale? Un insigne cattedratico, anni fa, ad una conferenza si tolse gli occhiali, dichiarandosi disabile creditore di assistenza. Eppure la miopia non fa parte del nomenclatore ufficiale che definisce le invalidità, con le relative percentuali, se non oltre certi limiti. Un 100% di inabilità esclude da ogni possibilità di ottenere un lavoro decente, pur avendo una testa che funziona. E se si stabilissero due diverse percentuali, meglio, due diverse motivazioni di invalidità, quella fisica ben distinta da quella intellettiva? Tutto questo potrebbe essere considerato un punto di partenza, per il recupero di risorse latenti in quanto emarginate, che potrebbero contribuire al sistema Paese, oltretutto riducendo i costi sociali dell’assistenza.
Aldo Maria Arrigoni
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1 commento
Mi trovo perfettamente d’accordo con l’autore. A 25 anni, con una laurea conseguita tre anni fa, ricevo sempre offerte per lavori di segreteria e centralino, come se la mia disabilità motoria mi impedisse di utilizzare le mie capacità. E così, nella totale miopia di un paese, mi trovo a sognare di poter trovare lavoro all’estero.
E quando si parla con i consulenti del lavoro ci si trova un muro di gomma e gli si provoca irritazione perchè, uscendo dal prototipo tipico del disabile chiuso in casa, si alterano i loro schemi mentali.